Come dicono gli autori musicali di un certo livello: la playlist di curiosa di natura è fuori! Grazie al lavoro di Riccardo Urso, il Ricky, blogger musicale di fama interprovinciale. Questa è la storia di un bellissimo regalo di anti-compleanno.
“Chissà, chissà chi sei, chissà che sarai…” Sono le parole di una famosa canzone e spesso me lo chiedo: chi sono io? O meglio, mi faccio questa domanda: ma come mi vedi, mi immagini, mi descriveresti tu che stai leggendo questo post, che vedi le mie foto, le frasi e gli articoli che pubblico?
Stiamo parlando di personal branding, ma di un tipo molto particolare: quello musicale. Come nel gioco del “se fosse”:
se curiosa di natura fosse una canzone, quale sarebbe?
Domanda non facile, di un certo livello, alla quale ha dato una sua bellissima risposta Riccardo Urso, conosciuto come Il Ricky. Riccardo è stato architetto e ora è strategic designer, consulente di identity marketing e naturalmente blogger musicale di fama interprovinciale.
Guardando il blog, i testi che pubblico, i colori, le immagini, osservando, analizzando tutto ciò che di me c’è online e seguendo il cuore è arrivato a confezionare un bellissimo regalo per il mio anti-compleanno dello scorso 7 novembre.
E come dicono i musicisti di un certo livello:
La playlist di curiosa di natura è fuori!
Prenditi 5 minuti, siediti sulla tua poltrona preferita con un bicchiere di vino, di birra, o di quel che vuoi tu e assapora le bellissime parole con le quali Riccardo ha dato vita a questa super playlist!
E poi, vai ad ascoltare i brani.
L’idea è stata quella di comporre un percorso circolare ispirato all’identità definita perfettamente dall’ottimo nome del tuo blog: vedere la bellezza della Natura con occhi curiosi.
Sui tuoi vari canali di comunicazione online, non sono riuscito a trovare nessun riferimento a tuoi gusti, generi o artisti musicali preferiti, tranne forse qualche accenno al Jazz in qualche tuo post. Quindi mi sono sentito libero di spaziare dal Pop al Funk, passando per Modal Jazz e musica Classica. In linea con il tuo approccio curioso e aperto alla sperimentazione, all’innovazione e alla diversità.
L’atmosfera e i colori che avevo in mente e che hanno guidato la scelta dei brani, erano quelli della gentilezza e bellezza dei prati in fiore, delle piante, degli ecosistemi e degli oceani illuminati dalla luce del sole.
Il viaggio ha inizio (e si chiude) con Jamiroquai, che si è sempre «posizionato» come artista sensibile e impegnato sui temi ambientali.
When You Gonna Learn?, il brano di apertura del suo album di debutto di 30 anni fa (Emergency On Planet Earth), è un invito ad impegnarsi attivamente per cercare di conservare l’equilibrio della Natura.
Il successivo brano dei Beach Boys – sicuramente non una delle loro canzoni più famose e apprezzate dalla critica – secondo me è una composizione un po’ stramba, ma originale nel racconto dal punto di vista dell’albero morente.
Dopo un giretto tra i campi della gioia di Lenny Kravitz e le diverse sfumature date dai fiati di Rahsaan Roland Kirk, immenso sperimentatore e innovatore del jazz e a cui è stata dedicata una versione di WordPress, arriviamo ad un altro grande classico inno ambientalista: la bellissima Earth Song del Re del Pop Michael Jackson.
Segue poi un blocco di brani che evocano paesaggi caldi, accoglienti ed emozionanti. Il panorama si apre sul tema iniziale di Nausicaä della Valle del Vento, uno dei tantissimi film dello Studio Ghibli del mitico Hayao Miyazaki, stupendamente raccontato in musica da Joe Hisaishi, uno dei miei compositori di colonne sonore preferiti. Ovviamente, se per caso non l’hai ancora visto, Sabrina, ti consiglio questo film strepitoso.
Dopo i colori psichedelici descritti nella canzone di Donovan e una delle tante passeggiate di Ludovico Einaudi, si ritorna sui temi della crisi ambientale con il recente successo sanremese di La Rappresentante di Lista che, nonostante il ritmo indie-pop/danzereccio, parla proprio di «fine del mondo».
E a seguire, un omaggio alla tua mamma siciliana, con un breve intermezzo degli Utveggi, interessante band alternative/prog-rock palermitana, multiculturale e positivamente contaminata.
Si arriva quindi ad un altro gruppetto di pezzi che evocano viaggi esotici, vita selvaggia e ritimi/climi estivi, altro tema presente nella tua narrazione online.
E per finire, come spiegato all’inizio, il cerchio si chiude e si ri-cicla con Jamiroquai e la sua composizione strumentale caratterizzata da un caldo giro di basso e dal suono rilassante e un po’ ipnotico del didgeridoo degli aborigeni australiani.
Grazie mille Riccardo per aver confezionato, attraverso le orecchie del designer strategico, la playlist su misura per curiosa di natura.
Grazie di questo bellissimo regalo per me e per tutti coloro che seguono il blog. Troverete l’immagine e il link per l’ascolto anche nella colonna alla destra del blog.
Per conoscere meglio Riccardo Urso potete consultare il suo profilo LinkedIn e seguire il suo blog Il Ricky musica di un certo livello
Il 16 novembre 2022 è la data della prima Giornata dedicata alla Biodiversità all’interno di COP 27. Altre novità di questa edizione riguardano l’impatto degli allevamenti e dell’agricoltura sul clima.
Questa edizione della COP 27 si presenta come un’edizione ricca di novità e di prime volte. È la prima volta che l’argomento Loss and Damage viene messo in agenda. Per la prima volta un intero giorno è dedicato al tema della biodiversità. Sempre per la prima volta si parla di animali selvatici, di allevamenti e clima e ci sono padiglioni dedicati a cibo e agricoltura.
Fino alla scorsa edizione, la COP 26 di Glasgow, clima e biodiversità erano due argomenti tenuti separati tra loro. A ciascuno di essi era dedicato un diverso incontro, una diversa Conferenza delle Parti. Ieri, il 16 novembre, tutta la Giornata è stata dedicata alla biodiversità in una Conferenza sul clima.
Come hanno riportato nei loro bollettini giornalieri le inviate e gli inviati di Italian Climate Network, ci si rende conto che clima e natura sono fortemente connessi. Sarà perché occorre un accordo globale sulla biodiversità, così come ce n’è uno sul clima. Serve al più presto perché è in scadenza il Piano Strategico per la Biodiversità 2011-2020. I venti obiettivi per proteggere la biodiversità, chiamati anche Aichi Targets non sono stati raggiunti e occorre trovare nuovi accordi comuni.
La biodiversità è un tema molto importante per l’Egitto perché la precedente COP 14 sulla biodiversità si è tenuta proprio a Sharm El-Sheikh e anche per l’economia e il turismo di questo Paese. Barriere coralline ed ecosistema marino sono delle grandi attrazioni per i turisti che vogliono una vacanza immersi nella natura.
Per questi motivi, molto probabilmente, è stato deciso di dedicare una giornata alla biodiversità all’interno di COP 27. Nei vari tavoli di incontro e confronto, si è cercato di rispondere alla domanda: come agire per salvaguardare la biodiversità?
Ecco le principali azioni da mettere in campo, riportate dagli inviati di Italian Climate Network:
La forte connessione tra clima e biodiversità è stata messa in evidenza anche dai leader dell’Accordo di Parigi presenti a COP 27. Clima e biodiversità sono interconnessi. Il cambiamento climatico è uno dei principali fattori di perdita della biodiversità. Si crea in natura un circolo difficile da interrompere perché i sistemi naturali non in salute a causa del clima che cambia non sono in grado di aiutare a mitigare il cambiamento climatico.
Così come avviene per il cambiamento climatico, anche nel caso della perdita di biodiversità sono le comunità più fragili e vulnerabili quelle che subiscono le perdite maggiori. Servono misure urgenti per arrestare e invertire la perdita di biodiversità e intensificare gli sforzi per decarbonizzare e inquinare meno.
In questa COP 27 dedicata al clima si è parlato per la prima volta anche di come i cambiamenti climatici danneggiano gli animali selvatici e dell’impatto degli allevamenti sul clima.
Nei report delle associazioni LAV ed Essere Animali troviamo che per la prima volta ad una COP sul clima, si affrontano temi che riguardano gli animali. Gli animali come vittime che subiscono la perdita della biodiversità, ma allo stesso tempo influenzano il cambiamento climatico.
Gli animali selvatici e quelli di allevamento hanno sofferto il caldo e la sete durante la scorsa estate. Anche gli animali sono delle vittime del clima che cambia. Ricordiamo gli elefanti morti in Africa e le numerose mucche che hanno sofferto sete e siccità la scorsa estate.
Gli allevamenti di animali per la produzione di carne costituiscono una sofferenza per loro e hanno un elevato costo economico e ambientale. Le mucche sono tra i maggiori produttori di metano, importante gas ad effetto serra. La domanda di carne per l’alimentazione è in calo nei paesi più industrializzati, ma in crescita nei Paesi emergenti. Il sistema alimentare deve cambiare: il 40% dei terreni coltivati produce vegetali destinati a diventare mangimi per animali.
Gli allevamenti sono poco sostenibili dal punto di vista etico e del benessere animale e dal punto di vista ecologico ed economico. Occorre cambiare il sistema di alimentazione e prediligere le diete a base vegetale.
Molte associazioni chiedono a COP 27 di approvare la riduzione del numero di animali allevati visto il grande impatto che hanno sui cambiamenti climatici. Secondo gli studi da loro proposti è possibile seguire questa strada: il governo dei Paesi Bassi si è impegnato a ridurre del 30% il numero di animali allevati entro il 2025 per poter affrontare i problemi ambientali.
Sostenere le diete a base vegetale e le produzioni di alimenti plant-based ha un effetto positivo sull’ambiente. LAV ricorda che 1 kg di carne bovina ha costi ambientali 23 volte superiori ad 1 kg di legumi.
Per la prima volta in una COP dedicata al clima troviamo dei padiglioni dedicati a cibo e agricoltura. Il sistema alimentare ha un forte impatto sui cambiamenti climatici.
Secondo Essere Animali, la produzione di cibo è responsabile del 25% di emissioni globali di gas serra e oltre l’80% delle terre coltivate sono destinate a pascolo o a produrre cibo per l’alimentazione animale.
Anche il sistema alimentare dovrebbe cambiare per affrontare i numerosi danni ambientali. Le diete a maggiore componente vegetale o totalmente vegetali aiutano a ridurre le emissioni di CO2 e di metano in atmosfera. Gli allevamenti animali consumano suolo e acqua e causano la perdita di biodiversità.
A COP 27 si è discusso di Cibo e Agricoltura per la Trasformazione Sostenibile attraverso il programma FAST (Food and Agriculture for Sustainable Transformation). Nel mondo aumenta il rischio di fame e malnutrizione. La variabilità climatica e i numerosi eventi meteorologici estremi colpiscono anche l’agricoltura. Ma, allo stesso tempo, l’agricoltura contribuisce per un terzo alle emissioni globali di gas serra, al degrado degli ecosistemi e alla perdita di biodiversità.
Il Progetto FAST si pone come obiettivo quello di “migliorare la quantità e la qualità dei contributi finanziari per il clima per trasformare l’agricoltura e i sitemi alimentari entro il 2030, mantenendo l’obiettivo di aumento della temperatura media globale entro 1,5°C”.
Attendiamo le conclusioni finali di questa COP 27 sul clima.
[Fonti: A COP 27 trova spazio la biodiversità – Il messaggio dei leader dell’Accordo di Parigi – L’impatto degli allevamenti sul clima – A COP 27 padiglioni dedicati al sistema alimentare]
COP27 ha aperto i lavori in Egitto a Sharm El-Sheikh. Quali principali temi legati alla natura e all’ambiente sono stati affrontati nel corso della prima settimana?
COP 27 è iniziata il 6 novembre in Egitto, a Sharm El-Sheikh, con i saluti di benvenuto del Ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry che ha messo in luce i principali temi che saranno al centro dei lavori di quest’anno: Loss and Damage, ovvero perdite e danni, i diritti umani e la giustizia climatica.
Loss and Damage, le perdite e i danni, riguarda gli aiuti economici che i Paesi più industrializzati devono versare agli Stati che subiscono maggiormente i danni del cambiamento climatico. Infatti sono gli Stati che meno inquinano, spesso i più poveri, quelli che stanno già vivendo una grave crisi climatica e ambientale.
I capi delle Nazioni presenti a COP 27 hanno aperto i lavori del summit con un loro breve discorso. Il Presidente del Paese che ha ospitato COP 26 lo scorso anno, il britannico Alok Shamma ha evidenziato come nel 2021 sono stati raddoppiati i fondi per l’adattamento climatico. La prospettiva, ormai lontana, di contenere entro i 2°C l’aumento della temperatura globale entro fine secolo dovrà essere rivista. Nonostante tutto, COP 26 ha portato progressi e passi avanti sulla finanza climatica e sul tema del Loss and Damage.
I rappresentanti dei Paesi considerati tra i più grandi inquinatori al mondo, Russia, Cina e India, sono assenti e l’Ucraina non partecipa a causa del conflitto in corso.
Il discorso della premier italiana Giorgia Meloni era molto atteso. Secondo il report degli inviati di Italian Climate network, l’Italia si impegna a portare avanti la decarbonizzazione e il Loss and Damage in linea con gli obiettivi degli altri Paesi europei. Per quanto riguarda l’energia, l’Italia intende diversificare il sistema energetico: così ha detto Giorgia Meloni incontrando vari leader africani.
Paradossale è la parola usta per indicare il fatto che i Paesi che inquinano meno pagheranno i prezzi ambientali più alti. Ma la questione chiave di questa COP 27, il Loss and Damage, le perdite e i danni, non sono stati mai presi in considerazione nel suo discorso. La frase conclusiva e riassuntiva è stata: “L’Italia contribuirà per la sua parte”.
Rober Kropp e Sarah Coley, autori dell’IPCC, hanno tenuto un intervento a COP 27 sui temi del surriscaldamento del Pianeta. La temperatura media globale aumenta, i ghiacciai si fondono e l’acqua di fusione va a contribuire all’innalzamento del livello di mari e oceani.
Secondo le proiezioni degli scienziati, il livello medio del mare si è alzato di circa 20 centimetri nell’ultimo secolo.
Rober Kropp e Sarah Coley, autori dell’IPCC
Gli autori hanno proposto due scenari futuri possibili: il primo, con le attuali alte emissioni di gas serra in atmosfera, e il secondo, riducendo il livello delle emissioni. I dati sono allarmanti in entrambi i casi.
Nel primo scenario, nel 2100 il mare aumenterebbe il suo livello di 60-90 centimetri, mentre nella seconda ipotesi, arriveremo a valori compresi tra i 30 e i 60 centimetri.
Se aggiungiamo una probabile maggiore fusione dei ghiacciai in Groenlandia e nell’Artico, per qualche evento estremo ed imprevisto, nel 2150 i mari sarebbero più alti di circa 1 metro, nella migliore ipotesi, fino ad arrivare al valore di cinque metri in quella peggiore.
Il professor Stefano Caserini, esperto di Mitigazione dei Cambiamenti Climatici, in un articolo per Italian Climate Network afferma che la soluzione è quella di ridurre rapidamente le emissioni di gas serra.
Nonostante gli sforzi futuri, nel 2100 diverse isole e coste saranno scomparse e la geografia di molte città sul mare sarà molto diversa da quella attuale. L’aumento del livello dei mari e degli oceani è in corso ed è un fenomeno lento e irreversibile.
Un altro interessante intervento raccontato dai reportage di Italian Climate Network è quello che riguarda i finanziamenti alla transizione ecologica per limitare la perdita di biodiversità.
Il Presidente della BEI, Banca Europea per gli Investimenti, Werner Hoyer ha affermato che:
Non c’è altra alternativa se non l’azione per il clima
Werner Hoyer, Presidente della BEI, Banca Europea per gli Investimenti
Nel 2021 sono state finanziate numerose opere in tutto mondo:
Visto che sono ancora molti i passi da compiere verso una giusta transizione, verso un’economia climaticamente neutra nel mondo, collegare COP 27 a COP 15, l’incontro mondiale sulla biodiversità che avrà luogo a dicembre in Canada, a Montreal, è un ulteriore passo in avanti.
Negli incontri della scorsa settimana a COP 27 è stato proposto un nuovo piano strategico che prende il nome di Nuova Struttura per l’Ambiente e prevede di migliorare lo stato del bacino del Mediterraneo e valorizzare l’economia blu.
Intervenire per ridurre la perdita di biodiversità, ridurre l’inquinamento, promuovere l’economia circolare e l’economia blu, proteggere la salute e il benessere umano sono quattro punti fondamentali di collegamento tra COP 27 e COP 15.
I Paesi dll’Unione europea insieme ad altri 26 Stati al mondo hanno aderito ad un accordo chiamato FCLP: Forest and Climate Leaders Partnership.
Si tratta di un aggiornamento degli impegni presi lo scorso anno a Glasgow. Abbiamo già dimezzato il numero di alberi che era presente su questo Pianeta diecimila anni fa . Oggi sappiamo che:
Le foreste ospitano l’80% di tutte le specie terrestri di animali e piante. Le attività agricole restano il principale fattore che causa la deforestazione: perdiamo il 90% delle foreste per fare posto a campi da coltivare
Il Brasile e la foresta amazzonica sono il più noto degli esempi, ma altre foreste al mondo subiscono gli stessi danni.
Alla COP 27 si è ribadito il principio secondo il quale se gli ecosistemi sono sani, anche l’economia e la società saranno in buona salute. Durante le discussioni si sono trattati alcuni principi che faranno parte del nuovo accordo FCLP, Forest and Climate Leaders Partnership:
Gli stati africani, quali Kenya, Gabon e Tanzania hanno evidenziato come prendere decisioni importanti sui mercati del carbonio aiuterebbe loro e molti altri paesi africani e del mondo. Il Kenya sta facendo la sua parte e si è impegnato a piantare cinque miliardi di alberi entro il 2027.
I mercati di credito del carbonio tengono poco conto delle funzioni delle foreste come sequestro del carbonio: i Paesi poveri economicamente ma ricchi di alberi e foreste come la Tanzania, sono svantaggiati da questo punto di vista. L’Europa si è assunta le proprie responsabilità nelle azioni di deforestazione che il commercio europeo ha causato nel mondo e si impegna a promuovere la EU Deforestation Law.
I negoziati di COP 27 proseguono fino al 18 novembre. Nuovi aggiornamenti ci attendono a proposito di natura, ambiente e clima che cambia.
Fonte: I bollettini giornalieri del sito Italian Climate Network
Il 27 ottobre 2022 è una giornata che non scorderò mai. Ho avuto la fortuna di poter assistere al convegno della dottoressa Jane Goodall a Milano. Un’emozione grande, un incontro bellissimo e un messaggio di speranza per tutta l’umanità.
La dottoressa Jane Goodall, etologa e ambientalista, fondatrice del Jane Goodall Institute e Messaggera di Pace dell’ONU è stata in Italia, a Milano e a Venezia, in questo mese di ottobre. Quando ho visto la locandina dell’evento mi sono precipitata a scrivere per riservare un posto in sala.
Da biologa, appassionata in particolare di zoologia, botanica ed ecologia, Jane Goodall è per me un mito. Non volevo assolutamente perdere questo incontro. Un convengo bellissimo ed emozionante, con un messaggio di pace e uguaglianza e una speranza per il futuro dell’umanità e del Pianeta.
Quando sono arrivata alla sede Cariplo di Milano ho capito subito che quello era il posto. L’ho capito dalla lunga coda di persone, fin dietro l’angolo. Mi sono messa in fila e sono stata premiata dal poter vedere la dottoressa Goodall al suo arrivo, scendere dall’auto ed entrare nel Palazzo della Cariplo, sede del convegno. Finalmente le coda ha iniziato a scorrere e sono entrata nella sala a occupare uno dei posti liberi.
Quando Jane Goodall è entrata nell’auditorium, è stata salutata da un lungo applauso. Ma non era un applauso qualunque: già da quel primo momento mi sono resa conto che quel giorno avrei respirato un’aria diversa, un’emozione grande, un brivido intenso che mi ha accompagnato per tutta la giornata, un’emozione condivisa con tutti i presenti.
Il convegno è stato organizzato da Unione Buddhista Italiana e Jane Goodall Italia. A dare il primo saluto è stato Filippo Scianna, Presidente dell’Unione Buddhista Italiana. Ringraziando tutti i presenti e la dottoressa Goodall, la sua voce si è subito rotta dall’emozione e da quel momento le emozioni di ciascuno di noi sono state le emozioni di tutti.
Due parole mi hanno colpito ascoltando la visione di questa religione: compassione, desiderio sincero che nessun essere soffra e saggezza. Quello del buddhismo è “un pensiero rivoluzionario che muove dall’idea di un potenziale illimitato presente all’interno di ciascun essere vivente”.
Da quel momento ho respirato un’aria nuova, che difficilmente ho trovato altrove, ad iniziare dalle parole: gentilezza, armonia, emozioni, dialogo, compassione, empatia.
Con queste parole, Filippo Scianna ha dato inizio all’incontro, ricordandoci come gli esseri umani possono creare grandi cose, come per capire il linguaggio degli animali basta guardare il loro volto, osservare i loro gesti.
“Condividiamo l’idea di trasformare la visone antropocentrica di oggi in una di tipo eco-centrica. Lo spirito di una mente ecologica vede oltre la separazione: apparteniamo a qualcosa di più grande del nostro ristretto mondo personale e non c’è altra via che vivere collegati a tutto ciò che ci circonda”
Filippo Scianna, Presidente dell’Unione Buddhista Italiana
Dopo i saluti di Filippo Scianna, all’incontro “Esseri senzienti. Le ragioni di una speranza” hanno partecipato Andrea Morello, Presidente di Sea Shepherd Italia e Angelo Vaira, etologo e zooantropologo.
La vita sott’acqua la conosciamo poco. Eppure negli oceani si trovano creature fantastiche e molto intelligenti come i polpi. Sea Shepherd Italia ha iniziato una campagna per liberare questi animali, importanti componenti della catena alimentare. Senza polpi, non ci sarebbero le foche monache e tante altre creature marine. Stiamo inquinando i mari e distruggendo gli habitat marini. Senza polpi, foche, balene e senza le creature del mare anche la nostra vita è in pericolo:
Ognuno di noi ha un impatto sul mare, anche chi vive distante dalle rive. Dobbiamo percorrere insieme una strada verso l’azione che fa la differenza
Andrea Morello, Presidente di Sea Shepherd Italia
Angelo Vaira, etologo e zooantropologo, è tornato a far respirare quell’aria nuova a tutti i presenti in sala con una parola semplice: dialogo, cioè incontro tra menti. Comunicare con gli animali non è così difficile: basta guardarli in volto. Basta dare a ciascuno di loro un nome. Basta adottare un cane o un gatto da un canile.
Noi siamo profondamente legati al mondo animale, è il nostro stesso mondo, sarà semplice comprenderlo:
Proprio come una madre protegge con la vita suo figlio, così, con amore sconfinato, dovremmo amare tutti gli esseri
Buddha – Metta Sutta – Suttanipata, 143-152
Daniela De Donno, Presidente del Jane Goodall Institute Italia, ha introdotto l’intervento della dottoressa Goodall con poche parole. Un grande senso di gratitudine. La certezza che ognuno di noi può fare la differenza. Serve agire, serve educare al rispetto per ogni essere vivente e per la sostenibilità.
Per questo Jane Goodall ha fatto visita all’Italia, per lasciare il suo messaggio di speranza al mondo e ai giovani in particolare, ma anche perché ha inviato al governo una proposta di legge per migliorare le condizioni di vita delle scimmie antropomorfe in cattività nel nostro Paese, per garantire loro un maggiore benessere fisico e psicologico.
L’arrivo di Jane Goodall sul palco è stato accolto da un forte applauso e da tanta commozione. Quell’aria di compassione e condivisione che ha invaso ciascuno di noi nel profondo. Riassumere il suo intervento non è possibile: occorre ascoltare la sua voce, le sue parole, vedere la sua grande semplicità.
Una bambina che da sempre ha amato la natura: il faggio del suo giardino, osservare come le galline fanno le uova. Un grande amore che l’ha portata ad andare in Tanzania a studiare gli scimpanzé. Senza laurea, è stata poi invitata dal suo professore in Inghilterra per conseguire un dottorato e continuare il lavoro di ricerca.
Gli scimpanzé condividono con l’uomo circa il 99% del loro DNA. Sono simili a noi, hanno comportamenti di forte competizione e territorialità, ma sono anche capaci di grande altruismo e compassione.
Sono esseri senzienti ai quali dare un nome, sono nostri compagni di vita in questo mondo. Provano emozioni come noi: gioia, paura, curiosità. Dare un nome perché non siamo soli su questo Pianeta: ogni individuo ha il suo nome. Gli animali sono intelligenti: pensiamo ai polpi, ai delfini, alle balene ma anche ai cani, ai gatti e ai maiali. Per non parlare degli uccelli, dai corvi che portano regali e risolvono problemi, ai pappagalli che imparano migliaia di parole.
Se vivi nella foresta, ti rendi conto come tutto è interconnesso. Tutti gli esseri viventi sono interdipendenti tra loro. L’uomo dipende in tutto e per tutto dalla natura
Dr.ssa Jane Goodall
Nonostante questo, siamo stati capaci di inquinare il Pianeta, di uccidere gli animali e distruggere i loro habitat e stiamo portando il Pianeta al collasso. Occorre agire ora. Questa è una chiamata al risveglio per tutti noi. Nel mondo occidentale, tra i Paesi più ricchi, si sta facendo avanti una coscienza ambientale. Occorre ridurre la povertà e portare questo messaggio a tutti.
In un Pianeta con risorse naturali limitate non può esserci uno sviluppo economico illimitato. Siamo ad un bivio: continuare con le nostre scelte sbagliate oppure sviluppare una nuova relazione col mondo naturale?
Durante questo incontro ho respirato un’aria nuova: ricca di armonia, compassione, amore e rispetto per tutti gli esseri viventi. Un’aria che spero possa arrivare fino a te che stai leggendo questo post. Per questo ti invito ad agire e, come abbiamo fatto qui in sala, a pronunciare tutti insieme le parole con le quali Jane Goodall ha concluso il suo intervento:
We can, we will, we must!
Dr.ssa Jane Goodall
Puoi trovare informazioni e sostenere i progetti della dottoressa Jane Goodall, visitando il sito Jane Goodall Institute Italia e Roots and Shoots
Da ottobre a dicembre 2022 torna a Milano Wildlife Photographer of the Year, la mostra di fotografie naturalistiche più prestigiosa al mondo. Per ammirare la bellezza della natura e del mondo animale e riflettrre sui comportamenti che l’uomo mette in atto verso l’ambiente.
Anche quest’anno non mi sono persa la bellissima esposizione Wildlife Photographer of the Year che a Palazzo Turati, in zona Cordusio, mette in mostra le 100 immagini premiate alla 57esima edizione del concorso fotografico indetto dal Natural History Museum di Londra. Una competizione che ha visto in gara oltre 50.000 scatti fotografici provenienti da 96 Paesi al mondo realizzati da fotografi professionisti e dilettanti, di diverse età.
La giuria di esperti ha selezionato i migliori 100 scatti, in base alla creatività, al valore artistico e alla complessità tecnica. Sono immagini meravigliose e preziose che ritraggono le specie animali e vegetali nei loro habitat naturali e ci fanno riflettere su temi sempre attuali quali l’estinzione delle specie, la perdita degli habitat e della biodiversità.
I due massimi riconoscimenti assegnati ogni anno sono il Wildlife Photographer of the Year 2021 e il Young Wildlife Photographer of the Year 2021, che premia le foto dei giovani a partire dai 10 anni di età.
La foto vincitrice del premio Wildlife Photographer of the Year 2021 è stata scelta dal Presidente della giuria come “foto sorprendente, intrigante, energica, una vera esplosione di vita”. Lo scatto di Laurent Ballesta, Creation, ritrae un branco di cernie che nuotano nella Polinesia Francese, nell’istante esatto della deposizione delle uova. È un momento unico e irripetibile, che si svolge una sola volta l’anno durante la luna piena di luglio. Un attimo che diventa sempre più raro da immortalare perché questi pesci sono in via di estinzione, minacciati dalla pesca intensiva.
Tra i giovani, lo scatto vincitore del Young Wildlife Photographer of the Year 2021 è quello di Vidyun R. Hebbar dal titolo Dome home. Un ragno trovato all’interno di una fessura di un muro mentre tesse la sua tela sullo sfondo di un ambiente che ha i colori dell’arcobaleno.
La mostra si articola in diverse sezioni dedicate al mondo animale e vegetale. Troviamo:
Seguono tre sezioni per i giovani fotografi divisi per fasce d’età: fino a 10 anni, dagli 11 ai 14 anni e dai 15 ai 17 anni.
In queste sezioni dedicate agli animali in natura resto affascinata dai colori, dalle pose, dagli sguardi e dalle espressioni di ogni singolo individuo. Soffermandosi davanti alle foto non si può fare a meno di constatare che sono esseri viventi e senzienti al pari di ogni essere umano.
Mi ha colpito il fatto che quest’anno diverse foto premiate hanno uno sfondo o un animale dal colore nero. Il colore nero, che racchiude in sé tutti i colori, evidenzia molto i tratti degli animali come nel caso del bellissimo gorilla nello scatto dal titolo Riflesso. Anche la Volpe nella tormenta è una fotografia meravigliosa che mostra tutta la curiosità, la paura e l’incertezza di un animale che si muove nel buio in un territorio sconosciuto. Guardate la foto e ditemi se non è vero che riusciamo capire perfettamente le emozioni e le sensazioni provate da questo animale!
Anche lo scatto del giovane Emelin Dupieux, L’atterraggio dell’apollo, è una foto dal colore nero prevalente. Ritrae una farfalla Apollo nei suoi colori dal bianco, al grigio, al rosso che risaltano sul bianco e giallo dei petali di una margherita. Una farfalla vulnerabile che risente degli effetti dei cambiamenti climatici.
Un tocco delicato è lo scatto di Shane Kalyn che mostra il corteggiamento tra due corvi. Anche in questo caso, due animali dal piumaggio nero sullo sfondo bianco, una combinazione di colori che mostra tutta la bellezza e l’eleganza di questi uccelli.
Tra i vari scatti di questa sezione non mancano quelli che ci fanno riflettere sulla perdita di biodiversità, l’estinzione di molte specie animali e vegetali, i rifiuti che abbandoniamo in terra e per mare. Un tema molto recente è quello dell’estrazione delle terre rare e di molti metalli che utilizziamo per i dispositivi digitali ed elettronici, estrazioni che distruggono l’ambiente, gli animali e le popolazioni di molte aree del nostro Pianeta.
Nella mostra Wildlife Photographer of the Year non mancano mai le sezioni dedicate al fotogiornalismo e alle inchieste. Quest’anno sono state allestite quattro sezioni con relativi premi:
Da diversi anni ormai le tematiche che riguardano il bracconaggio, i cambiamenti climatici, la pesca e la caccia eccessive e illegali fanno riflettere i visitatori della mostra sui comportamenti di molti esseri umani verso il paesaggio e la natura che ci circondano, ma soprattutto verso gli animali, gli esseri viventi che condividono con noi la vita sulla Terra.
Come sempre, sono rimasta molto impressionata dalle inchieste sul mondo animale. La storia fotogiornalistica dal titolo Comunità di cura racconta degli animali, dei medici e dei volontari all’interno di un centro di riabilitazione e recupero per scimpanzé. Sono soprattutto orfani del commercio di fauna selvatica. Spesso gli scimpanzé sono uccisi per la loro carne, altre volte vengono catturati per essere tenuti nelle case come animali da compagnia. Molto spesso sono utilizzati come attrazione in mercati e spettacoli all’aperto. Sono sempre vittime di sofferenze e malnutrizione tanto che i medici sono costretti ad amputare parti delle zampe per poterli tenere in vita.
Tra i portfolio premiati c’è anche Orsi polari in estate del giovane Martin Gregus che racconta la vita degli orsi minacciata dallo scioglimento dei ghiacciai dovuto ai cambiamenti climatici e all’innalzamento della temperatura globale terrestre. Nella didascalia allo scatto dei due orsi polari disposti a forma di cuore, Martin scrive: “L’amore che le persone devono al mondo naturale”.
L’elefante nella stanza di Adam Oswell ripropone il tema degli zoo e degli acquari. È davvero giusto rinchiudere animali che dovrebbero vivere in libertà? È davvero divertente o utile poterli osservare in queste condizioni innaturali?
Un’altra questione che sarà molto discussa nel futuro è quella che riguarda l’alimentazione umana e gli insetti. Nella storia fotogiornalistica in mostra, Saltatori celesti, si racconta della raccolta di grilli in Uganda. Attratti dalle luci artificiali di lampade alogene, sono rinchiusi in bidoni oleosi perché usati in precedenza per contenere benzina o petrolio. Gli insetti sono venduti vivi oppure già cotti e bolliti. Se in futuro ci nutriremo sempre più di insetti, è giusto catturarli in natura oppure occorrerà allevarli?
Tanta bellezza e tante domande. È difficile raccontare una mostra di fotografie: bisogna andare a vedere di persona. La mostra Wildlife Photographer of the Year è aperta ai visitatori anche con la possibilità di seguire visite guidate da fotografi naturalisti su prenotazione. L’Associazione culturale Radicediunopercento organizza serate dedicate alla natura, alla fotografia e alla presentazione di libri, oltre a corsi teorici e pratici workshop in natura.
Da qualche giorno sul sito di Patagonia, azienda che produce abbigliamento e attrezzature outdoor è comparso un messaggio molto particolare: “Il nostro unico azionista ora è il Pianeta”.
Conosciamo insieme l’azienda Patagonia, il suo proprietario Yvon Chouinard e come ha deciso di salvare il Pianeta.
Patagonia è un’azienda nata in California cinquant’anni fa da un’idea di Yvon Chouinard, suo fondatore. Lui si definisce un artigiano e ha iniziato producendo attrezzatura per arrampicata per amici e conoscenti. In seguito è passato a produrre anche abbigliamento sportivo e ha fondato Patagonia.
Fin dall’inizio Patagonia si è distinta per il suo tipo di business, un business responsabile. Da qualche giorno sul sito aziendale della società si legge una lettera del suo fondatore che contiene un’importante dichiarazione:
“Il nostro unico azionista ora è il Pianeta”
Leggendo la lettera di Chouinard ho trovato una frase chiave davvero preziosa in questi anni nei quali la crisi climatica non ci dà altra scelta:
“Invece di estrarre valore dalla natura e trasformarlo in profitti, useremo la prosperità generata da Patagonia per proteggere la vera fonte di ogni ricchezza. Stiamo facendo della Terra il nostro unico azionista”
Le risorse che il Pianeta ci offre sono finite e limitate. Non estrarre valore dalla natura, ma al contrario utilizzare il denaro ricavato per ricostituire e salvare il nostro patrimonio naturale. Questo è il vero punto chiave della lettera scritta da Chouinard. Dare valore alla natura come sola possibilità per poter avere un futuro su un Pianeta sano.
La famiglia Chouinard ha preso una decisione che ha pochi precedenti, ovvero quella di trasferire tutta la sua proprietà a due fondi: il Patagonia Purpose Trust e l’Holdfast Collective. Il ricavato delle vendite sarà reinvestito come dividendi per proteggere e salvaguardare il nostro Pianeta. Chouinard e i suoi eredi restano azionisti di controllo del Patagonia Purpose Trust in modo da poter eleggere e avere una supervisione sui membri del consiglio di amministrazione.
I danni che il riscaldamento globale ha prodotto e la distruzione degli ecosistemi oggi sono sotto gli occhi di tutti. Anche Patagonia come azienda ha cercato da sempre di impegnarsi al massimo e di fare la sua parte per il Pianeta.
L’idea del suo fondatore, Yvon Chouinard, è stata chiara fin dall’inizio. Se con le vendite si riesce a far funzionare l’azienda, a pagare stipendi e bollette, con quello che si guadagna in più è possibile fare un business consapevole e aiutare il Pianeta.
Ma non solo. Come si legge nella sua lettera,
“avremmo potuto influenzare positivamente i clienti e altre aziende, e forse cambiare il sistema”
Patagonia ha iniziato dall’interno il suo impegno per l’ambiente, producendo abbigliamento e attrezzature che utilizzano materiali e tessuti naturali, in modo responsabile e sostenibile.
Come azienda B Corp e Società Benefit certificata, Patagonia ha deciso negli anni di destinare l’1% proveniente dalle vendite a favore di associazioni ambientaliste non profit. Dal 2018 nello statuto aziendale si legge che Patagonia è nel business per salvare il nostro Pianeta.
Ma tutto questo non era sufficiente, come ha scritto nella sua recente lettera Yvon Chouinard. D’altra parte una soluzione non la trovava e così la soluzione che Patagonia cercava l’ha inventata da solo.
L’idea innovativa è quella di trasferire il 100% delle azioni con diritto di voto al fondo Patagonia Purpose Trust che, come abbiamo visto, nasce per tutelare, controllare e proteggere i valori dei fondatori dell’azienda stessa.
Il 100% delle azioni senza diritto di voto passano invece all’associazione Holdfast Collective. Si tratta di una no profit che si impegna a contrastare la crisi ambientale e a difendere la natura e il patrimonio naturale.
I profitti dell’azienda Patagonia verranno reinvestiti e ridistribuiti come dividendi: in questo modo saranno tutti a disposizione per contenere la crisi climatica.
Patagonia nasce nel 1973 in California grazie a Yvon Chouinard, suo fondatore. Negli ultimi decenni, come si legge sul sito, è stato chiaro a tutta l’azienda che “la crisi climatica è affar nostro”.
Ridurre le emissioni di carbonio è un obiettivo fondamentale di questa B Corp, insieme agli sforzi per aiutare le comunità a liberarsi dai combustibili fossili e proteggere la natura.
Ma compensare le emissioni per raggiungere la neutralità carbonica non è sufficiente secondo il parere dell’azienda. Infatti il 95% delle loro emissioni deriva dalla catena di approvvigionamento e dalla produzione dei materiali.
Per questo motivo l’obiettivo principale di Patagonia e del suo fondatore è quello di essere da esempio per la società e per altre aziende. Influenzare in modo positivo il comportamento di un maggior numero possibile di persone, comunità, aziende.
Come dice chiaramente il Ceo di Patagonia, Ryan Gellert, non basta ripulire dove abbiamo inquinato. Ogni business ha le sue responsabilità, è un esempio, ma è solo un elemento tra tanti. La crisi climatica è complessa e ha bisogno di molte soluzioni da applicare insieme:
“Dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione per garantire un futuro più sicuro e più giusto”
Il proprietario di Patagonia, Yvon Chouinard, compie 84 anni anni tra qualche mese. Nella sua lettera all’azienda ci lascia un forte messaggio per il presente e il futuro. La Terra ha finito le sue risorse, le abbiamo consumate in modo irresponsabile. Siamo arrivati ad un punto in cui non basta che un’azienda esista ancora tra cinquant’anni se il nostro Pianeta sarà distrutto. Le due cose vanno di pari passo.
Il nostro Pianeta è resiliente e finora la natura è stata in grado di adattarsi al clima che cambia e ai danni che la maggior parte degli esseri umani ha prodotto. Per questo, se ci impegniamo al massimo, tutti noi e tutti insieme, possiamo ancora salvarlo.