Scarpe colorate e paperelle gialle

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Nei nostri mari e negli oceani troviamo di tutto, purtroppo. Anche scarpe da ginnastica colorate e paperelle gialle che raccontano dell’uomo e delle sue abitudini.

Leggendo “Come è profondo il mare” arrivo al capitolo che racconta di strani oggetti in plastica galleggianti. Uno dei miei passaggi preferiti, perché è proprio un raccontare storie al di là dei dati scientifici, comunque presenti. Attraverso ogni oggetto che utilizziamo raccontiamo la storia degli uomini e il nostro rapporto con l’ambiente.

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Paperelle gialle galleggianti come le 28.000 perse nell’Oceano dalla nave Ever Laurel

Ho scoperto una nuova figura di scienziato: il flottanologo, colui che studia il movimento degli oggetti galleggianti. Come Curtis Ebbesmeyer, per esempio.

Curtis decise di studiare il movimento delle scarpe da ginnastica di un famoso marchio (o brand, per i più internazionali) una volta finite in mare. Sono scarpe resistenti, quasi indistruttibili che possono percorrere migliaia di chilometri.

Curtis cammina sulle spiagge in cerca di questi esemplari di scarpe usate da raccogliere. Non è il solo perlustratore di spiagge: esistono diversi “beach combers”, pettinatori di spiagge alla ricerca di particolari oggetti da studiare e collezionare. (Segno dei tempi che cambiano: una volta si raccoglievano conchiglie vuote da collezionare e regalare o al massimo, per i più mattinieri, vongole da cucinare per pranzo).

Anche Steve McLeod perlustra spiagge. Lui è un artista del riciclo, un inventore di storie che danno nuova vita a oggetti usati e lasciati in mare.

“Riusciva così a restituire nuova dignità a della spazzatura attribuendole una storia”

Dall’incontro di uno scienziato con un’artista si è scoperto quanto può resistere la plastica in mare.

Anche la seguente è una storia vera. Incredibile, ma vera. Una nave, la Ever Laurel, mentre viaggiava da Hong Kong a Tacoma negli Stati Uniti d’America, ebbe un incidente e perse nell’oceano 28.000 paperelle gialle in plastica. Le paperelle, seguendo le correnti d’acqua e di vento, furono ritrovate quasi ovunque: dopo un anno in Alaska, alle Hawaii, in Giappone, Indonesia, Australia e Sud America. Gialle, resistenti e galleggianti hanno percorso grandi distanze alla rispettabile velocità di navigazione di un miglio al giorno. La Terra ruota e le correnti d’aria e d’acqua si spostano verso desta di 45°. Per questo i vortici marini sono chiamati gyre (dal greco gyros, arrosto che cuoce ruotando). La plastica finisce all’interno di questi vortici e forma i gyre, le isole di plastica galleggianti.

Due storie interessanti che ci raccontano di oggetti usati e poi abbandonati, dimenticati in luoghi vari del nostro Pianeta, che tornano al mare, all’acqua degli oceani come se fossero nati proprio lì, come succede ai mammiferi immersi nel liquido amniotico prima di nascere.

*nota* Questo post è stato ispirato dal seguente libro, dal quale sono tratti i dati, le frasi citate tra virgolette e quelle evidenziate: Nicolò Carnimeo – “Come è profondo il mare” – Edizioni Chiare Lettere

Sabrina Lorenzoni

Sabrina Lorenzoni

Biologa ambientale

Blogger e green content writer, mi occupo di comunicazione digitale e divulgazione scientifica nei settori ambiente e biosostenibilità.

2 Commenti

  1. silvia camnasio

    Questa storia delle paperelle è incredibile!! Una storia davvero bella Sabrina grazie per averla raccontata!! Ti adotto perché non può non passare anche da lì!!

  2. Sabrina

    Grazie del commento, Silvia, e dell’adozione nel gruppo di #adotta1blogger 🙂

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