Strampelli e il recupero del pomodoro Varrone

CIBO, ECOLOGIA, NATURA BIO, STILI DI VITA

Nazareno Strampelli è conosciuto per i suoi studi sul grano. Oggi, grazie a ricercatori italiani, è stata riportata in vita una varietà di pomodoro da lui studiata: il pomodoro Varrone. E presto celebreremo i 150 anni dalla sua nascita

Forse non tutti conoscono Nazareno Strampelli. Quest’anno, il 29 maggio, ricorrerà il 150°anniversario dalla sua nascita. Laureato in agraria, si trasferisce dalle Marche a Rieti dove inizia a lavorare ad un programma di miglioramento genetico del frumento: un lavoro all’avanguardia, se pensiamo che siamo ai primi del 1900. Strampelli è famoso per i suoi studi sul grano, per aver ottenuto varietà precoci, resistenti alle ruggini e al ripiegamento in condizioni di vento e forti piogge. Tra le varierà di grano ci sono l’Ardito e il frumento duro Senatore Cappelli, che avrete sicuramente sentito nominare. Gli studi di Strampelli furono importanti nel Dopoguerra per ridare cibo alla popolazione di tutto il mondo stremata da anni di sofferenze. E fin qui, un po’ tutti ci ritroviamo con la storia e con l’agraria. Quel che non sapevo è che Strampelli studiò anche altre specie vegetali che crescono in rotazione con il grano, primo fra tutti il pomodoro.

Nazareno Strampelli

La varietà di pomodoro Varrone selezionata dal genetista marchigiano Nazareno Strampelli (1866-1942) (foto©Ansa)

Non solo grano, dunque, largo al pomodoro. A Strampelli si deve la messa a punto di due varietà di pomodoro da conserva: il Varrone e il Fundania. Per nostra fortuna alcuni studiosi dell’epoca scrissero una descrizione accurata di queste varietà, perché Strampelli non pubblicò mai nulla sui suoi lavori. Grazie a questi documenti, si è capito che il pomodoro della varietà Varrone nasce dall’incrocio tra il pomodoro Sutton’s Best of All (un pomodoro inglese che tollera bene la siccità) x “varietà nostrane” (non meglio descritte). Questo pomodoro, in particolare, è una pianta resistente e molto produttiva. Un frutto, una bacca, di circa sette centimetri di diametro con buone rese che vanno dalle 30 alle 60 tonnellate per ettaro.
Ad un certo punto, però, il Varrone scompare dalle coltivazioni. Forse perché sostituito da altri più facili da coltivare su larga scala. Forse perché la perdita di biodiversità ha origini più antiche di quel che pensiamo.

Dopo avere fatto numerose ricerche, grazie agli scritti dei contemporanei di Strampelli, si è capito che tipo di pomodoro poteva essere. Ma dove trovarlo, oggi?
Una grandissima risorsa, un posto che vorrei visitare, sono le banche dei semi. La prima, la più antica si trova a San Pietroburgo. La VIR, ovvero N.I. Vavilov Research Institute of Plant Industry, creata da Nikolaj Vavilov, agronomo, botanico e genetista russo. La sua storia (che ho letto nel libro: Uomini che amano le piante) mi ha talmente colpito che ho dedicato a questo grande personaggio un mio racconto. Qui potete leggere la mia soultale. Sapevo che questa banca dei semi sarebbe tornata sulla mia strada 🙂

Grazie ai ricercatori italiani. Sto approfondendo la conoscenza di Nazareno Strampelli grazie al suo biografo, il dottor Sergio Salvi che da anni si occupa di agraria e in particolare di Strampelli. Il suo libro (che presto leggerò e vi racconterò, appena le poste me lo recapiteranno) narra di questo grande studioso di agraria che tanti anni fa raggiunse risultati scientifici eccellenti.

Dunque i ricercatori italiani*, insieme a Sergio Salvi, sono andati alla VIR e hanno ricevuto un campione di circa 150 semi di pomodoro Varrone per provare a riportare in vita una varietà che si era persa col tempo. Un esempio di recupero e salvaguardia della biodiversità.
I semi di pomodoro sono stati coltivati nell’Università Politecnica delle Marche e nell’Università di Sassari. I semi sono stati fatti germinare in scatole Petri, in seguito trasferiti in vaso ed esposti al sole per otto ore al giorno. Nelle Marche, ad agosto, sono comparse le prime fioriture, agli inizi di settembre i frutti, e alla fine di ottobre, la maturazione era completa. A Sassari, si sono messe in pratica coltivazioni simili, tenendo conto delle diversità climatiche.
I pomodori così ottenuti, confrontati con le descrizioni degli esperti di agraria contemporanei di Strampelli hanno dimostrato che questa è proprio la varietà di pomodoro Varrone che Nazareno aveva selezionato e coltivato.

Una bella conquista in questo che è l’anno dell’anniversario di Strampelli. Una bella conquista per la ricerca scientifica italiana, quella rivolta al recupero delle piante antiche che sono utili oggi più che mai. I cambiamenti climatici ai quali siamo sottoposti ci obbligano ad ampliare le varietà di piante coltivate. Più varietà di ogni specie, con caratteristiche differenti, saremo in grado coltivare, maggiori saranno le possibilità di ottenere buoni raccolti e di sfamare le popolazioni, in caso di cambiamento del clima (un evento abbastanza, se non molto probabile).

*Nota* il post fa riferimento all’articolo “Ritorna in Italia il pomodoro di Strampelli” pubblicato su L’informatore agrario.

I ricercatori italiani*:
Sergio Salvi, biologo e biografo di Nazareno Strampelli
Laura Nanni e Roberto Papa (Università Politecnica delle Marche – Ancona)
Monica Rodriguez e Giovanna Attene (Università degli Studi di Sassari)

Sabrina Lorenzoni

Sabrina Lorenzoni

Biologa ambientale

Blogger e green content writer, mi occupo di comunicazione digitale e divulgazione scientifica nei settori ambiente e biosostenibilità.

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